Racconti

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La storia dello zaino

Nuvole

 

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La bella addormentata sulla riva
di Ellysa, Soloio, Stella, Zina

Veronica era vissuta in un mondo tutto suo, costellato di sogni immensi, come il cielo che scrutava spesso, soprattutto la notte, quando non riusciva a dormire, fino al giorno in cui un uomo, venuto dal mare, le aveva chiesto di abbandonare le sue vesti di seta. Lei lo aveva fatto, con la fiducia di una bambina, per ritrovarsi nuda e disarmata di fronte ad un gruppo di uomini rozzi che ogni sera riempivano quello squallido locale. Lei li osservava dall'alto di quel piccolo palco. Mentre ancheggiando cantava stancamente sempre i soliti motivi, scrutava uno ad uno quei visi, cercando di indovinarne la storia. Alcuni li vedeva spesso, e ormai poteva intuire il loro animo dai gesti e dalle espressioni. Aveva creduto davvero che lui l'amasse, e forse lo credeva ancora. Non riusciva ad odiarlo, perché lei non era capace di odiare. Nelle notti d'estate, dopo lo spettacolo, quando oramai era l'alba e il locale si svuotava e lui si lasciava cadere sul loro vecchio letto in un sonno che sapeva solo di alcol, lei andava sulla spiaggia a passeggiare con i piedi nell'acqua. Quando il mare era calmo e la risacca gentile, talvolta tirava un po' su il leggero vestitino estivo, lasciava scivolare via la biancheria intima e si stendeva, i piedi verso il mare, al limitare della risacca. Il mare le accarezzava le caviglie, le ginocchia. un'onda un po' più lunga andava un po' più su, la accarezzava delicatamente, lavava via quegli sguardi viscidi. Lei si lasciava carezzare dall'acqua tiepida e si sentiva di nuovo pura. Una di quelle notti, mentre fissava la luna che giocava a nascondino con le nuvole, Veronica si rese conto di sentirsi estranea a quel paesaggio. Non riusciva più a nutrirsi di quella gioia che aveva sempre attinto dall’Universo. La luna era là, alta nel cielo, ma qualcosa si era spezzato. Capì in quel momento che avrebbe dovuto lasciare tutto, fuggire da quella vita che un giorno dopo l’altro le stava rubando tutti i suoi sogni, i suoi desideri. “Devo cogliere un segno” si ripeteva come un mantra. Quella notte pianse lacrime calde, tiepide come l'acqua del mare. Guardò l'orizzonte sgombro e sognò di fuggire lontano, lontanissimo, dall'altra parte del mondo. Eppure già una volta aveva voluto fuggire per quello che credeva amore, per scappare da un mondo che credeva troppo piccolo. Ma non sapeva decidersi a partire. Pezzi del suo cuore, lacerato, agonizzavano sul letto disfatto, dove lui dormiva, con ancora sul volto lo sguardo di sfida che la feriva ogni volta che lei lo implorava di lasciarla andare. Devo cogliere un segno, devo cogliere un segno...." era diventato il suo credo, solo che in ogni cosa che vedeva o sentiva disperatamente cercava di leggere un segno: non viveva più, sopravviveva come un robot telecomandato, in attesa di quel segno, senza rendersi conti che i "segni" le venivano incontro, la inondavano a la sferzavano a grappoli, senza che lei riuscisse a carpirli. Visse in attesa di quei segni. La sera sopravviveva nello squallido locale, la notte si illudeva di addormentarsi in un abbraccio, all'alba correva verso il suo mare, sperando nella bruma purificatrice. I giorni si alternavano alle notti, le albe mesi, anni; le capitò di passare davanti ad uno specchio e di dare un furtivo sguardo: pensò ad un sogno, c'era sua madre che la guardava tristemente, ma con un tenero barlume di sorriso; si girò, non c'era nessuno. La realtà le apparve in tutta la sua crudezza: era lei! Sì quella donna, pallida, appassita, spenta, era lei, eppure avesse solo 28 anni. Pareva una morta. Dov’erano i sogni che la facevano danzare sulla spiaggia, al chiarore della luna? Sua madre improvvisamente le era venuta in mente. Ricordò il suo viso, e poi quell'immagine esplose in miriadi di ricordi, sensazioni ed emozioni. Erano anni che non aveva più dato notizie di sé a sua madre. Era fuggita dalla sua ricca casa perché si sentiva estranea a quel mondo, che allora le sembrava noioso e superficiale. Non sempre l'Universo asseconda i nostri desideri, e spesso non ci è facile leggere la realtà. Ma anche quando tutto sembra avverso c'è un insegnamento e una via d'uscita. Veronica prese carta e penna, e iniziò a scrivere. "Cara mamma, non è facile, dopo tanto tempo, trovare le parole per dirti quanto mi manchi. Sono fuggita dal mio piccolo mondo rosa, bruciando tutto quello che lasciavo alle spalle, compresa la tua immagine, ed ora sono qui, sola, disperata. Baciò quella busta prima di farla partire. C'erano gli ultimi suoi anni racchiusi li dentro. C'erano i pezzi di quello che avrebbe dovuto essere un sogno d'amore, e c'era la speranza di tornare ad avere una vita libera. I giorni successivi per Veronica rilucevano di una nuova speranza. Una sera, uscendo sul palco, Veronica intonò la prima canzone, ma le parole le morirono in gola quando i suoi occhi si posarono sull'unica donna presente nella stanza. La mamma subì meccanicamente quell'abbraccio che aveva tante volte immaginato, le sue braccia pendevano inerti, quelle di Veronica si allacciavano disperatamente al suo collo, mentre i suoi occhi, aridi di lacrime già versate giravano per la squallida sala dove sua figlia, la sua adorata bambina, consumava la sua vita. Aveva tanta voglia di dirle che non aveva mai smesso di amarla, quando un colpo di pistola alle sue spalle trascinò le parole nel silenzio della morte. Veronica la sentì scivolare tra le sue braccia, fino ad accasciarsi sul pavimento come un vecchio straccio. Un altro colpo e l'urlo lacerante della sua voce, si spense in un singhiozzo. Cadde sopra il corpo che le aveva dato la vita ed ora la precedeva nel buio degli abissi, tendendole quella mano che per anni aveva serrato nella tasca del suo orgoglio. Quando si destò, certa di essere morta, aveva davanti il mare, un mare calmo e stranamente silenzioso. Si avvicinò alla riva affinché le piccole onde potessero raggiungerla. Quella sensazione di freschezza la faceva sentire viva, come mai si era sentita prima. Aveva sognato oppure si trovava in un'altra dimensione? Non lo sapeva e neppure le importava. Forse negli anni trascorsi aveva solo dormito, un lungo sonno, dimentico di sogni. Ora aveva davanti a sé soltanto il presente e quel mare di cui non percepiva i confini.
 

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